Allarme Cgia sull’emergenza lavoro: in 6 milioni troppo istruiti e poco pagati

Emergenza lavoro e formazione in Italia. Come sottolineato di recente da Mario Draghi, ex numero uno della Bce, e da Vincenzo Visco governatore di Bankitalia,tra i nodi del Paese c’è l’emergenza formazione. Ma la Cgia ci ricorda un altro aspetto del problema: sono un esercito gli italiani che hanno mansioni lavorative nettamente al di sotto del livello di istruzione e formazione. Come dire: chi va a studiare ad Harvard o a Oxford e Cambridge, tanto per fare degli esempi, in Italia, al rientro, deve accontentarsi di quel che c’è. Siamo un po’ al paradosso: i livelli in generale di istruzione non sono alti, ma nel caso delle punte il sacrificio è sensibile. Ci meravigliamo poi che i giovani scappino? Ora scappano pure i pensionati che, attratti dai notevoli benefici fiscali offerti da alcuni paesi, portano con sè anche un notevole bagaglio di esperienze e formazione oltre alle conoscenze giuste per avviare attività. Sono ormai numerosi gli esempi da questo punto di vista. Insomma delle riflessioni ritenti e mirate sono ormai a ineludibili visto che il Paese si impoverisce sotto tutti i punti di vista. Di seguito la nota della Cgia come spunto di riflessione.
             
 
UN OCCUPATO SU 4 E’ SOVRAISTRUITO.  QUESTO PROVOCA DEMOTIVAZIONE E ABBASSA LA PRODUTTIVITA’ DEL LAVORATORE
Sono oltre 5.800.000 gli occupati sovraistruiti presenti in Italia. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. Ci riferiamo ai diplomati e ai laureati che svolgono una professione per la quale il titolo di studio maggiormente richiesto è inferiore a quello posseduto. Nel 2019 erano  poco meno del 25 per cento del totale degli occupati e la loro incidenza è in costante aumento: negli ultimi 10 anni, infatti, i dati assoluti dei sovraistruiti in Italia sono cresciuti di quasi il 30 per cento. Se, inoltre, calcoliamo la percentuale solo sugli occupati che possiedono un diploma di scuola media superiore o una laurea, l’anno scorso l’incidenza degli sovraistruiti è salita al 40 per cento.
  • La sovraistruzione riduce la produttività del lavoro
Afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo:
“L’incremento degli sovraistruiti è in massima parte dovuto alla mancata corrispondenza tra le competenze specialistiche richieste dalle aziende e quelle possedute dai candidati. Non va nemmeno dimenticato  che grazie al ricambio generazionale registrato in questi anni sono usciti dal mercato del lavoro tanti over 60 con livelli di istruzione bassi che sono stati rimpiazzati  da giovani diplomati o laureati senza alcuna esperienza professionale alle spalle. Tuttavia, la sovraistruzione non va sottovalutata, perché molto spesso attiva meccanismi di demotivazione e di scoramento che condizionano negativamente il livello di produttività del lavoratore interessato e conseguentemente dell’azienda in cui è occupato. Il clima di sconforto che si viene a creare può innescare delle situazioni di malessere che diffondendosi tra i colleghi può addirittura interessare interi settori o reparti produttivi, con ricadute molto negative per la vita dell’azienda”. Per combattere la sovraistruzione, fanno sapere dalla CGIA, bisogna assolutamente ridurre lo scollamento tra domanda e offerta di lavoro, cercando di far collimare sempre più le esigenze aziendali con le specificità e l’autonomia del mondo della scuola.
  • Siamo comunque i meno scolarizzati d’Europa
Sebbene nel nostro Paese il problema della sovraistruzione sia in costante ascesa, paradossalmente continuiamo ad essere tra i meno scolarizzati d’Europa. Denuncia il segretario Renato Mason:
“L’anno scorso la quota di popolazione italiana tra i 25 e i 64 anni in possesso di almeno un titolo di studio secondario superiore era del 62,2 per cento, un dato decisamente inferiore a quello medio dell’Unione a 28, pari al 78,8 per cento e a quello di alcuni tra i nostri principali competitor. Segnalo, infatti, che la Francia registrava l’80,4, il Regno Unito l’81,1 e la Germania l’86,6 per cento.  Non meno ampio è il divario per quanto riguarda la percentuale di coloro che hanno conseguito un titolo di studio terziario sempre nella fascia di età tra i 25 e i 64 anni. Se nel 2019 in  Italia la soglia era del 19,6 per cento, la media europea si è attestata al 33,2. Si segnala come la quota di laureati italiani tra i 25-34enni nelle discipline STEM 1 sia simile alla media dei 22 paesi dell’Unione europea membri dell’OCSE. Tuttavia, si denota un forte divario di genere. Se per la componente maschile lo scarto è di 6 punti con la media UE, l’incidenza delle laureate italiane nelle discipline tecniche è invece superiore al dato medio europeo”.
  • Il ruolo centrale delle Pmi
Secondo la CGIA il ruolo delle Pmi permetterebbe di arginare la diffusione del fenomeno. Sebbene non ci siano dati che ci consentono di misurare con puntualità il livello di sovraistruzione per dimensioni di impresa, l’esperienza quotidiana ci insegna che il ruolo delle maestranze presenti nelle piccole imprese è centrale rispetto a coloro che lavorano nelle aziende di maggiori dimensioni. Nelle Pmi, infatti, oltre a disporre delle conoscenze formali apprese durante l’esperienza scolastica, prevalentemente di natura tecnico/professionale, i dipendenti, grazie alle mansioni “allargate” che praticano in queste piccole realtà produttive, dispongono di conoscenze operative ed esperenziali  più estese e complesse di coloro che, invece, esercitano la propria attività lavorativa in maniera definita e in ambiti molto ristretti. Così come spesso succede per chi è impiegato in una impresa di grandi dimensioni.
  • E’ il Centro la macro area più interessata d’Italia
A livello territoriale la regione più “investita” dal fenomeno è l’Umbria che l’anno scorso registrava il 33 per cento dei sovraistruiti sul totale degli occupati. Seguono l’Abruzzo (30,3 per cento), la Basilicata (29,4 per cento), il Molise (27,8 per cento) e il Lazio (27,2 per cento). In coda alla graduatoria scorgiamo il Piemonte (22,2 per cento), la Lombardia (21,7 per cento) e il Trentino Alto Adige (19,3 per cento). Negli ultimi 10 anni la crescita più sostenuta del numero degli occupati sovraistruiti l’ha avuta il Trentino Alto Adige (+57 per cento), seguono la Sardegna (+46 per cento), e la Puglia (+45 per cento). Tra i laureati che svolgono un lavoro per il quale il titolo di studio più richiesto è inferiore a quello posseduto le professioni più diffuse sono quelle di tecnico informatico, contabile, personale di segreteria, impiegato amministrativo. Tra i diplomati, invece, prevalgono i lavori di barista, cameriere, muratore e camionista.
  • Rimane alto l’abbandono scolastico
Sebbene negli ultimi anni ci sia stata una contrazione del fenomeno, un elevato numero di giovani continua a lasciare prematuramente la scuola, anche dell’obbligo, concorrendo ad aumentare la disoccupazione giovanile, il rischio povertà ed esclusione sociale. Nel 2019 l’abbandono scolastico è stato del 13,5 per cento (per un totale di 561 mila giovani). Una persona che non ha un livello minimo di istruzione, infatti, è in genere destinata per tutta la vita ad un lavoro dequalificato, spesso precario e con un livello retributivo molto basso, rispetto a quello cui potrebbe aspirare, almeno potenzialmente, se possedesse un titolo di studio medio-alto. Le cause che determinano l’abbandono scolastico sono principalmente culturali, sociali ed economiche: i ragazzi che provengono da ambienti socialmente svantaggiati e da famiglie con uno scarso livello di istruzione hanno maggiori probabilità di abbandonare la scuola prima di aver completato il percorso di studi. C’è anche un fattore di genere: ad abbandonare precocemente la scuola sono più i maschi che le femmine.
  • Anche ad agosto è stato difficile reperire tanti posti di lavoro
Nonostante la disoccupazione giovanile sia alta, il livello di istruzione ancora ben al di sotto degli standard europei e l’abbandono scolastico rimanga sostenuto, anche nel pieno della fase Covid le imprese hanno faticato a trovare personale. Sebbene sia un mese molto particolare, stando alla periodica indagine condotta su un campione significativo di imprese da Unioncamere e Anpal, il 30 per cento circa delle 200 mila assunzioni previste ad agosto è stato di difficile reperimento, con punte   del 39,6 per cento in Friuli Venezia Giulia, del 38,1 per cento in Umbria, del 37,6 in Veneto e del 37,5 in Trentino Alto Adige. Tra le professioni non facili da coprire segnaliamo i meccanici artigiani, montatori, riparatori e manutentori di macchine fisse e mobili (53,5 per cento), artigiani e operai specializzati nelle rifiniture delle costruzioni (43,1 per cento) e gli autisti di bus e mezzi pesanti (42,5 per cento).
1 Science, Technology, Engineering and Mathematics