Il vino è prodotto di eccellenza del made in Italy. Il vino traina un grande flusso enoturistico, dallìitalia e dall’estero. Ma se ne beve sempre meno nel nostro Paese. Un italiano su due lo snobba e i consumi sono ai livelli di oltre 30 anni fa. Uno scenario desolante? Sconcertante? Di certo deve far riflettere.
Di seguito la nota Ansa che riporta i risultati dell’assemblea Federvini con i dati dell’indagine Censis.
(ANSA) – ROMA, 17 MAG – Metà della popolazione italiana beve
vino, con i consumi totali del nettare caro a Bacco
sostanzialmente invariati dal 1983 ad oggi. Nelle regioni del
Nord in particolare quelle del Nord Est, e del Centro ci sono
più elevati livelli di consumo, rispetto a quelle del Meridione
e in maggior misura a quelle insulari. In questo contesto la
novità più rilevante è la diminuzione dei grandi consumatori.
Secondo il Rapporto Censis, presentato in occasione
dell’assemblea annuale Federvini a Roma, coloro che dichiarano
di consumare oltre mezzo litro al giorno sono passati dal 7,4%
nel 1983 al 2,3% nel 2016. Il tema della qualità sembra
governare anche il tema della spesa dei prodotti vitivinicoli.
Negli ultimi tre anni, spiegano i curatori del Rapporto Censis
per Federvini, “abbiamo assistito ad una inversione di tendenza
parametrata alla spesa alimentare complessiva: nel biennio
2013-15 l’esborso complessivo degli italiani per il vino ha
avuto una crescita del 9% contro lo 0,5% del settore alimentare,
(+18 volte). E’ oltre il 93% dei consumatori a indicare come
criterio prevalente di scelta e acquisto del vino la sua qualità
rispetto al prezzo. In un contesto di crisi si tratta di un dato
di rilevanza assoluta, che indica la centralità del vino nei
consumi quotidiani e la ricerca costante della qualità: il
consumatore più evoluto ed informato sceglie il vino come
alimento”. Il quadro tratteggiato dall’Osservatorio
Censis-Federvini “è sicuramente favorevole ma si deve fare di
più e meglio” conclude Sandro Boscaini, presidente Federvini.
Secondo il presidente “sarebbe oltremodo sbagliato adeguarsi
alla logica del low cost. Dobbiamo stare ben lontani dal
ricorrere alla leva del prezzo, per puntare ai valori
immateriali del vino come la cultura e la valorizzazione del
territorio. Altri snodi imprescindibili sono il valore della
produzione e l’export che possono essere implementati attraverso
un modello imprenditoriale e di comunicazione maggiormente
adeguati ad un mondo globalizzato ed interconnesso”.(ANSA).