In un recente incontro presso l’Associazione Doof, Alessandra Dolci, coordinatrice della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano, ha sottolineato che la ristorazione è un settore particolarmente attraente per la criminalità organizzata, perché la vivacità delle entrate e delle uscite permette di riciclare facilmente soldi, perché offre posti di lavoro e un ottima copertura, perché consente anche ai protagonisti di allargare la loro rete di contatti con gli enti pubblici e le istituzioni. I locali creati diventano luoghi di riunioni, occasioni di crescita del network criminale. Purtroppo – secondo la ricostruzione – la maggior parte dei locali fanno capo a delle società di cui i titolari delle quote sono veri e propri prestanome apparentemente innocui. E’ quindi quasi sempre impossibile scoprire la vera identità del locale senza condurre un lavoro puramente investigativo: una procedura lunga, molto delicata, fatta di appostamenti, agenti in borghese che si fingono commensali per osservare e registrare, intercettazioni ambientali.
Una conferma che da parte delle autorità penali c’è un faro costantemente acceso su un settore che presenta notevoli elementi di rischio. Una linea interpretativa che si raccorda con i risultati delle indagini penali svolte in varie parti d’Italia.
Lino Enrico Stoppani presidente della Fipe-Confcommercio nel corso dell’incontro Doof ha ribadito l’importanza del ruolo delle associazioni di categoria nell’informazione e la tutela dei propri associati. Da decenni la Fipe-Confcommercio – ha specificato – si erige a baluardo dei commercianti onesti con i mezzi di cui dispone: la campagna più recente si basa sui preoccupanti dati del 2012 che rivela che sulle 1708 imprese confiscate, il 13.10% erano in Lombardia, 163 di loro erano alberghi e ristoranti. La crescita della criminalità organizzata infligge alle nostre città – ha concluso- un impatto sociale spaventoso come malamovida e ludopatia crescente e favorisce un’imprenditoria di basso profilo, che pratica prezzi sotto mercato, non offrono garanzie ne contratti ai lavoratori. Un appello: aumentiamo i controlli, rendendoli sistematici e ancora più intensi.