Antonino Cannavacciuolo, torna alle origini e fa rotta sulla Costiera sorrentina, per meglio dire su Vico Equense. Anzi per meglio dire sulle alture che dominano Vico Equense, in particolare parliamo di Ticciano, località di origine dello chef che ha rilanciato il Lago d’Orta come destinazione gastroturistica con la bistellata Michelin Villa Crespi. Cannavacciuolo è diventato un brand, con le apparizioni in televisione e i nuovi investimenti enogastronomici in Piemonte, tra Torino e Novara.
Ma il grande cuore di Cannavacciuolo batte in Costiera. Difficilmente si dimenticano profumi, brezze e panorami di un posto che offre scorci incantati a ogni pie’ sospinto. E così, dopo l’operazione Laqua, ossia il mini resirt di charme di Meta di Sorrento a pochi metri dal mare del Golfo di Napoli, lo chef trapiantato in Piemonte ha voluto tornare sui suoi passi e valorizzare Ticciano, dove un immobile di famiglia sta per ospitare un ristorante e un piccolo hotel di charme, anche in questo caso con poche camere e servizio top.
In Costiera non si parla d’altro in questi giorni di lockdown. Certo è una notizia che fa ben sperare in un momento complesso per tutti. Una boccata di fiducia. Ticciano è nel cuore delle alture che dominano Vico Equense, un area che ha avuto un ruolo chiave per la storia di Napoli. A poca distanza e qualche curva da Ticciano c’è infatti Massaquano dove con Bartolomeo Intieri si forma un nucleo eccezionale di illuministi napoletani con legami e ramificazioni internazionali. Massaquano è tra le culle della cultura economica partenopea, una località che per questo andrebbe particolarmente valorizzata. Ticciano è a poca distanza e l’intervento di Cannavacciuolo ha già messo lo sprint agli animi locali dando adito a un po’ di simpatica partigianeria. Eh sì perchè sotto Ticciano, scendendo sul mare di Marina di Aequa c’è un altro grande chef che ha valorizzato molto l’anima gourmet di Vico Equense: Gennarino Esposito, due stelle Michelin con la sua Torre del saracino, ma soprattutto mentore di una vasta nidiata di giovani chef che si sono sparsi in giro per il mondo in ristoranti e hotel pluristellati.
Insomma l’operazione di Cannavacciuolo ha un po’ scosso simpaticamente gli animi, un po’ come Coppi e Bartali dei tempi che furono. Ma al di là della bonaria sfida gastronomica tra due cucine stellate, va rimarcato il fatto che investimenti di questa natura non possono che fare bene all’area. del resto ricordo il dinamismo di Don Alfonso che è diventato un brand globale, dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti.