L’archeologia industriale grande opportunità per l’Italia: la lezione Aipai

L’Italia ha un grande patrimonio industriale da valorizzare a fini di promozione della memoria economico-sociale, della conoscenza, del turismo e di valorizzazione del territorio e del paesaggio. Come emerso nella tre giorni degli Stati generali del patrimonio industriale svoltisi tra Roma e Tivoli per iniziativa dell’Aipai, l’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale, che da 25 anni promuove la cultura del patrimonio industriale e ne tutela i valori.
Forte il segnale arrivato dal Governo cui dovranno seguire investimenti importanti. Le testimonianze di archeologia industriale “occupano un posto speciale tra le cose materiali che raccontano le attività dell’uomo, spesso abbandonate ma cariche di significato. Esse documentano lo sviluppo della tecnologia e i segni lasciati dal processo di industrializzazione nella vita quotidiana, nei paesaggi e nella cultura del nostro Paese. Raccontano il lavoro di generazioni, uomini e donne, famiglie, che in quei luoghi hanno contribuito allo sviluppo dell’Italia negli anni delle profonde trasformazioni che hanno interessato le città a partire dalla metà dell’Ottocento. Concepiti per essere produttivi in funzione di specifiche tecnologie, fabbriche anche imponenti in cemento armato o manufatti in muratura, ferro e vetro, una volta chiusi deperiscono rapidamente. Il recupero delle aree dismesse richiede l’intervento dei Comuni e dello Stato e costringe tutti noi a confrontarci sul tema della conservazione degli edifici industriali abbandonati, strutture che occupano spesso superfici di grande estensione, sovente in posizione nevralgica all’interno tessuto urbano”. Affermazioni chiare quelle del Ministro della Cultura Dario Franceschini.
“In quest’ottica – ha proseguito Franceschini – il Ministero della cultura, in sinergia con le amministrazioni comunali coinvolte, ha individuato, nell’ambito del Pnrr, alcuni beni e siti di notevole interesse culturale e rilevanza nazionale in stato di abbandono, come quelli del Porto Vecchio di Trieste, delle aree del Parco del delta del Po, e ancora dell’ex Manifattura Tabacchi a Palermo. Complessi architettonici che sono testimonianza identitaria della memoria culturale del Paese. In una fase come quella attuale, di nuove trasformazioni orientate alla sostenibilità ambientale e climatica, dedicare tre giornate di studio e riflessione all’archeologia industriale significa anche ripensare lo sviluppo urbano del nostro Paese, per individuare il patrimonio da salvaguardare, per rigenerare le aree deteriorate così da restituire nuova dignità a contesti architettonici e paesaggistici altrimenti compromessi”.
E ancora. “L’idea di incontrarsi presso il Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli è in questo senso significativa: le attività manifatturiere e industriali collocate all’interno di antiche vestigia romane danno il senso del continuo rinnovarsi, in forma armonica, della presenza e del lavoro dell’uomo in contesti paesaggistici di grande suggestione. L’Aipai da 25 anni porta avanti il suo lavoro con grande impegno sul fronte del censimento, della tutela e valorizzazione del patrimonio industriale. Solo la conoscenza – osserva Franceschini – può rendere i cittadini consapevoli del valore che il nostro patrimonio culturale rappresenta per il futuro di questo Paese. Investire nella ricerca, nella tutela del paesaggio e del patrimonio culturale, è la scelta più efficace per migliorare la qualità delle nostre vite; ma è anche la più produttiva, tanto per le istituzioni quanto per le comunità”.
“I secondi Stati Generali del Patrimonio industriale sono l’occasione per tracciare un bilancio ed elaborare strategie e visioni per il futuro prossimo. Un incontro tra gli addetti ai lavori e un confronto tra i molteplici ambiti operativi, di ricerca e istituzionali coinvolti – dice Edoardo Currà, Presidente Aipai – con la consapevolezza che il primo lascito dell’età industriale siamo noi, la nostra società con i suoi pregi e le sue contraddizioni, le incredibili conquiste degli ultimi secoli”.