Nuovo Enit non decolla e Federalberghi sbarca sul mercato cinese

Sta montando tra gli operatori la protesta per il mancato avvio dell’Enit. Dopo l’insediamento del nuovo Cda è accaduto ben poco, i tempi si stanno dilatando senza risultati come ha recentemente sottolineato Renzo Iorio, presidente di Faderturismo-Confindustria. Cancellata la Fitur di Madrid neppure alla Bit di Milano il nuovo ente che ha il compito di promuovere l’immagine dell’Italia nel mondo è stato presente ufficialmente mentre in passato gestiva migliaia di buyer esteri. Si susseguono intanto in Parlamento le interrogazioni su presunti conflitti di interesse e su ipotetiche ingerenze della politica nella nomina di figure manageriali, oppure sulla dotazione finanziaria sulla quale non vi sono – a giudizio di molti – sufficienti garanzie. E così gli imprenditori alberghieri hanno deciso di smarcarsi. Bernabò Bocca, senatore, imprenditore dell’hotellerie e presidente da anni di Federalberghi, ha ben chiari i rischi che l’Italia corre non facendo promozione soprattutto sui grandi mercati del futuro come la Cina. “Dovremmo fare molto di più, il futuro è basato sui mercati esteri – ha detto all’Agi, sottolineano che Federalberghi ha deciso di muoversi con i propri mezzi -. Stiamo facendo un’operazione commerciale importante per entrare nel mercato cinese. Proviamo a sostituirci all’Enit in attesa che questo organismo si rafforzi. L’operazione dovrebbe concludersi tra un paio di mesi”. Bocca poi mette il dito nella piaga: “Le istituzioni italiane credono poco nel turismo, il settore resta in coda alla politica nazionale; non ho mai capito come selezionino i partecipanti alle missioni internazionali. Di sicuro gli albergatori non vengono mai invitati. E invece potremmo portare all’estero il nostro know how, creare joint venture e fare affari come altri imprenditori. Ultimamente si è parlato molto di Iran – incalza – e ritengo che questo Paese avrebbe anche bisogno di costruire strutture ricettive. Potremmo svolgere un ruolo importante ma siamo ignorati. I soggetti ci sono, come Simest, Sace e Ice, ma non ci coinvolgono. Il risultato è che pochi italiani del turismo vanno a fare investimenti all’estero”.